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Pensione? Perché non basterà per il nostro futuro
- Luigi Matarazzo,  23 Mar 2019
Partiamo da questo presupposto, la pensione non sarà sufficiente per mantenere un reddito dignitoso per l'intera popolazione. 

Noi tutti siamo cresciuti fin da piccoli con l'idea di dover lavorare tutta la vita per poi ritirarci in pensione con un reddito garantito. Ci hanno insegnato che dopo anni di molta fatica saremo ricompensati e ripagati dallo Stato del duro lavoro e dei sacrifici tanto sudati.

Quindi, non solo ci insegnano che aspettare la fatidica età pensionabile sia giusto, ci obbligano anche a versare i dovuti contributi mensilmente per costruire, mattone per mattone, il nostro reddito futuro. Ciò è in linea di principio giusto, moralmente etico e premia gli sforzi di una vita. Siamo tutti d'accordo. 

Inoltre, guardando al passato è un modello funzionante. Negli anni precedenti al boom economico, la domanda di forza lavoro riusciva a soddisfare pienamente l'offerta, e il successivo sviluppo tecnologico mondiale ha sostenuto la crescita di ogni Stato sviluppato, che, seppur continuando ad indebitarsi, è riuscito a pagare i contributi di tutti i pensionati.

Ora, questo modello è teoricamente funzionante, se si esclude il contesto. 

Infatti, l'erogazione sempre maggiore di pensioni, seppur necessario per sostenere anziani non più in grado di lavorare, ha contribuito ad esacerbare la situazione economica italiana. E lo Stato, più o meno recentemente, è corso spesso ai ripari tentando di modificare leggi e riforme per rendere questo modello sostenibile in vista del futuro, spesso senza risultati. 

Anzi, i risultati ci sono stati: continue modifiche alla legge e riforme più politiche che economiche che hanno creato incertezza sul futuro dei lavoratori italiani. 

E questo è facilmente dimostrabile. Voi sapete i vostri numeri sulla pensione? 

Facciamo un tentativo. Provate a pensare: 

1. Quando andrete in pensione? A che età?
2. Quale sarà l'importo della vostra pensione?

Alcuni di voi sapranno rispondere, e ciò è un ottimo inizio. Nel caso chiedetevi se l'importo stimato vi soddisfa e continuate a leggere, ne varrà davvero la pena ve l'assicuro!

Tuttavia, sono certo che in molti non sanno rispondere a nessuna delle due domande. Mi sbaglio?

Se è così, non preoccupatevi, è normale, ma ciò deve servirvi come primo campanello d'allarme per trovare soluzione alternative (ne parlo anche qui).

Vi assicuro che alla fine di questo articolo troverete talmente tanti campanelli d'allarme che trovare alternative non sarà più un'opzione, ma una necessità!

Ora quindi cerchiamo di sviscerare i problemi fondamentali della pensione e capiamo insieme perché non è più possibile aspettarsi che la pensione vi garantirà un reddito dignitoso in futuro. 


SPESA PUBBLICA

In passato, il governo è riuscito a sostenere le spese per le pensioni per i nostri nonni, è vero. Ma il mondo era completamente diverso. 

Erano gli anni del boom economico, di crescita e sviluppo smisurati per l’Italia e il resto del mondo. Lo Stato riusciva a far fronte alla spesa necessaria per garantire un reddito onesto a ogni anziano che raggiungeva e superava l’età pensionabile. 

Ora la situazione è cambiata, internet, la globalizzazione, lo sviluppo tecnologico, le difficoltà economiche, le crisi finanziarie (DotCom e Grande Recessione)... il mondo è cambiato. Tutto va a una velocità diversa, crisi e sviluppo sono più accelerate, tanto che negli ultimi anni post-recessione il mondo ha avuto una crescita esponenziale in confronto al passato. 

In Italia, "la crisi" sembra non finire mai, mentre in altri paesi come gli USA è finita da un pezzo, anzi è anche seguito un periodo di sviluppo economico sostanzioso. Siamo da anni in un circolo vizioso di disoccupazione, alta tassazione, sottosviluppo, crescita del debito pubblico e precarietà economica. In termini pratici, ciò incide moltissimo sulla spesa per le pensioni che lo Stato ha l'onere di sostenere. 

Facciamo parlare i dati. Nel 2015 la spesa per le previdenza ammontava a circa 218 miliardi, contro un introito netto dell'INPS di 191,3 miliardi (dato da contributi dei lavoratori, imprese e Pubblica Amministrazione). Il basso tasso di occupazione infatti non aiuta i conti dell'INPS, che non ha entrate a sufficienza (contributi) per coprire le uscite (pensioni erogate) ogni anno. 

Questo gap da è coperto dallo Stato, che è costretto ad accollarsi le spese di una economia sproporzionata, attingendo dalla fiscalità generale e dal debito pubblico, e togliendo fondi che potrebbero essere allocati in investimenti e sviluppo economico.

Vediamo qui alcuni grafici raffiguranti la spesa statale per le pensioni:
- Fonte: Osservatorio CPI Cattolica, grafico da IlSole24ore (23 Maggio 2018):
Due dati importanti relativi al primo grafico: l'Italia spende il 16,8% del PIL in previdenza sociale, con dati crescenti dal 1995 al 2015 in percentuale di spesa totale. Qui sotto la statistica OCSE che confronta la spesa pensionistica dei paesi europei (dati 2012):
- Fonte: Eurostat, spesa pensionistica per percentuale del PIL, dati 2012
L'Italia, giusto dopo la Grecia nel 2012 , è il paese europeo che spende più punti percentuali del PIL in pensioni e previdenza sociale. Nel 2015 come abbiamo visto nella tabella precedente, il valore è rimasto tale. 

Ora vediamo le potenziali stime future sull'andamento della spesa previdenziale: 
- Fonte: Elaborazioni Centro Studi di Unimpresa su dati Ragioneria generale dello Stato (25 Febbraio 2019)
Le stime del Centro Studi di Unimpresa indicano che la spesa pubblica futura aumenterà nei prossimi anni, tuttavia stima un aumento del PIL che contribuirà a rendere stabile il rapporto percentuale tra la spesa pensionistica e il PIL. Stesso andamento è previsto per la spesa previdenziale, fetta che ritaglia il 20% circa della ricchezza e della spesa pubblica italiana.  

E' importante sottolineare che queste sono solamente stime. L'aumento sia della spesa pubblica per la previdenza sociale potrebbero differire in base al contesto economico. E personalmente credo che la stima sulla crescita del PIL sia la più arbitraria tra le due, perché è più facilmente deducibile grazie a parametri demografici che andremo a snocciolare più avanti. 

Insomma, per essere ottimisti e seguendo queste stime finali, la spesa pubblica per le pensioni rimarrà proporzionata a quella attuale nei prossimi anni e non è destinata a scendere. 

Questo comporta che lo Stato Italiano dovrà continuare a spendere una grande parte della spesa pubblica per sostenere la previdenza sociale. Spesa ampiamente superiore alla media europea che crea uno svantaggio fondamentale per lo sviluppo del paese. 


IMPORTI

Se il bilancio dell'INPS sembra comunque più o meno stabile. Tutto ciò è aggravato dal tasso di contributi obbligatori che ogni lavoratore deve necessariamente versare ogni anno. Vediamolo subito con un grafico.
In percentuale, nel 2016, un lavoratore italiano versa dal 30% al 35% di contributi pensionistici obbligatori e previdenza sociale . Questo numero è il più alto del mondo e, essendo il sistema affidato completamente allo Stato in Italia, non prevede nessun tipo di spesa privata da parte del lavoratore. 

Questo rende la situazione ancora più nera di quella raccontata dai precedenti grafici. 

Ma come? In Italia versiamo più contributi rispetto ai paesi esteri e lo Stato è secondo in classifica europea OCSE per la spesa pensionistica? Qualcosa non quadra.

Ecco tre veloci spiegazioni: 

1) Il numero di pensioni erogate è stato in costante aumento dagli anni '70 e solo da poco tempo abbiamo assistito a un piccolo rimbalzo (dal 2013 al 2017, nel grafico) ma ancora irrilevante per essere un trend:
- Fonte: www.enpacl.it, numero pensioni erogate dal 1974 al 2016
2) Anche l'importo delle pensioni erogate è stato in costante aumento dagli anni '70 e il trend non sembra fermarsi (dati fino al 2016): 
- Fonte: www.enpacl.it, importi delle pensioni erogate dal 1974 al 2016
3) Il tasso di conversione lordo delle pensioni italiane è uno dei più alti del mondo, il tutto ovviamente affidato alla previdenza pubblica. Questo significa che un lavoratore medio vede il proprio stipendio rimpiazzato a più dell'80% del suo importo lordo totale:
Cosa significa tutto questo? 

Significa che l'Italia ha un sistema previdenziale che è troppo dipendente dall'apporto che lo Stato onerosamente offre ai propri pensionati. Per sostenere un modello come questo e una spesa come questa lo Stato deve attingere molto dalle tasche del cittadino, tenendo una tassazione molto pesante sia su lavoratori che imprese, che si fanno carico di pagare le spese per gli anziani, sacrificando guadagni, risparmi, investimenti, profitti e, ovviamente, consumi.

Tuttavia, il prossimo punto è di fondamentale importanza. 

Se siete stati attenti, vi starete chiedendo: da cosa nasce tutto ciò? Perché i grafici e le statistiche mostrano una situazione di spesa crescente e costantemente negativa?


DEMOGRAFIA

Come abbiamo già detto, è un circolo vizioso. Le cause sono talmente intersecate tra loro che è difficile capire quale sia preponderante. Probabilmente, sono tutte concatenate e tutte si alimentano a vicenda. 

Infatti, un altro elemento che contribuisce ad inasprire la situazione pensionistica in Italia è il cambiamento demografico che il bel paese sta vivendo negli ultimi anni. 

In Italia, la popolazione sta andando verso un continuo invecchiamento. Questo perché le nascite sono nettamente inferiori alle morti, e quindi la popolazione tende ad invecchiare senza ricambio. 

- Fonte: Eurostat, tasso percentuali di nascite vs morti dei paesi EU
- Fonte: ISTAT, nascite e morti in Italia dal 1862 al 2015
Nel grafico, in rosso sono segnate le morti e in blu le nascite. In questo siamo verso gli ultimi posti e sotto la media EU di circa 6-7 punti percentuale. Nel secondo grafico invece vediamo l'evoluzione della demografia italiana, da metà 1800 al 2015. Come è chiaro, dagli inizi degli anni '90 la tendenza a fare figli si è invertita e da positiva a negativa nei confronti delle morti totali. 

Un trend the sta esponenzialmente aumentando il numero di anziani e diminuendo il numero dei giovani in Italia, con un conseguente aumento della spesa pubblica per le pensioni.

Tutto torna. 

Soprattutto se inseriamo nell'equazione l'aspettativa di vita media, in cui siamo tra i primi in classifica grazie a un ottimo livello di sanità e di qualità della vita. 

Ecco i dati per l'aspettativa di vita media mondiale attuali e paragonati agli anni '70 (Italia sopra la media mondiale di 2 punti):
- Fonte: OECD, aspettativa di vita media dei paesi sviluppati (tracciato 1970 vs 2015)
EMIGRAZIONE

Altro dato da non sottovalutare è l'emigrazione dei giovani italiani, in fuga dall'Italia alla ricerca di un paese migliore in cui vivere o di opportunità più valide. 

Il coefficiente è spaventoso: i dati ISTAT confermano che dal 2008 al 2016 circa mezzo milione di italiani è emigrato all'estero, cancellandosi dai registri comunali italiani, senza considerare tutti coloro che vivono attualmente all'estero senza essersi registrati all'AIRE (Associazione Italiana Residenti all'Estero):
- Fonte: ISTAT, grafico da "IlSole24ore"
Circa 500.000 "ufficialmente" emigrati dall'Italia tra il 2008 e il 2016, la maggior parte diplomati e laureati a cui lo Stato ha contributi alle spese per gli studi. 

Come è chiaro, questo ha un effetto negativo nei confronti della spesa per le pensioni, in quanto questi potenziali lavoratori offriranno il loro lavoro e pagheranno le tasse in un altro paese, che beneficerà dell'immigrazione in questo senso. 

Ovviamente, con la globalizzazione e la facilità di spostamento che l'Europa ha contribuito a creare, flussi migratori interni erano da attendersi in ogni paese. Tuttavia, la sfida è appunto cercare di convincere i propri connazionali a rimanere ed essere produttivi per il proprio paese, tramite politiche economiche che diano vantaggio ai giovani, agli investimenti e all'imprenditoria. 


CONCLUSIONE

In questo articolo abbiamo analizzato i fenomeni che caratterizzano il problema delle pensioni in Italia. 

Come abbiamo visto, ogni elemento è sia causa che effetto della situazione italiana ed è impossibile puntare il dito solamente in una direzione. 

Cosa succederà in futuro? Io, di certo, non lo so. 

La mia personale previsione è che, continuando così, lo Stato non riuscirà a far fronte a questo problema. In un regime Europeo di regolamentazioni stringenti, l'Italia non ha ampio spazio di manovra e i governi, incentrati sulla politica e sul politichese, non riescono a combatterlo con una strategia efficiente. 

Bisogna pensare al peggio e agire di conseguenza.

Come fare?

Dovete investire. Non lo ripeterò mai abbastanza. 

Dovete pensare voi al vostro futuro e alla vostra pensione. 

E dovete farlo in fretta, perché il tempo è un ottimo amico se lo sfruttate il prima possibile, ma diventa un cattivo alleato quando non ce ne è a sufficienza. 

Educatevi ad investire e fatelo il prima possibile.

Se volete fare sul serio, candidatevi nel nostro sito e, se sarete idonei, potremo lavorare insieme.

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Luigi Matarazzo
Luigi è un imprenditore italiano e investment banker con esperienza pluriennale nei mercati finanziari e in operazioni di investimento del settore finanziario della City, a Londra. Ha un track record per aver battuto il rendimento di mercato negli anni seguendo le orme del "Value Investing", filosofia e materia insegnata da Benjamin Graham e adottata dall'illustre Warren Buffet da più di 70 anni. 
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