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Inflazione: Cause ed effetti 
- Luigi Matarazzo,  30 Mar 2019
Parlando di inflazione, abbiamo già accennato che sia il nemico principale del risparmiatore medio. Questo perché l'aumento dei prezzi riduce la quantità di beni acquistabile con un euro ogni anno. In pratica, l'inflazione riduce il potere di acquisto della moneta. 

Come già accennato in questo precedente articolo, tenere soldi nel conto corrente è la scelta peggiore, perché diventano preda dell'effetto composto del tasso di inflazione, che ne eroderà il valore reale nel tempo. 

Bene, sapete quindi che non dovete tenere tutti i vostri soldi fermi in banca. Dovete investirli in asset profittevoli, così da evitare di subire gli effetti dell'inflazione ed avere un guadagno reale nel tempo. Tuttavia, la scelta dei giusti asset su cui investire, in base alla vostra tolleranza del rischio e della vostra attuale situazione finanziaria, non può essere discussa in un blog. 

Riguardo l'inflazione, una domanda rimane in sospeso.

Quali sono le cause dell'inflazione? 

Questo argomento è stato ed è tuttora dibattuto tra gli economisti accademici, che negli anni hanno cercato di trovare un'unica causa alla base dell'aumento dei prezzi generali dei beni e servizi e dalla svalutazione del potere d'acquisto della moneta. In realtà, molte cause sono da attribuire a questo fenomeno. 

Vediamo le varie teorie brevemente per farci un'idea.


1. La teoria Keynesiana

Secondo il famoso economista fondatore della macroeconomia, J. M. Keynes, l'inflazione è generata dall'eccesso di domanda globale rispetto all'offerta globale in una situazione di piena occupazione, cioè una situazione in cui chiunque ha accesso al lavoro e i fattori produttivi sono totalmente impiegati (nella realtà ciò è paradossale, perciò teorici hanno paragonato la piena occupazione a un livello percentuale di disoccupazione dell'1-2% di uno stato). 

Pensate alla vendita di una casa: se il proprietario vuole vendere e ha molti acquirenti, potrà aumentare il prezzo di vendita, perché gli acquirenti, in competizione tra loro, saranno disposti a pagare di più per aggiudicarsi la casa. 

In macroeconomia, l'aumento eccessivo della domanda rispetto all'offerta di beni e servizi, crea maggiore richiesta di questi ultimi e di conseguenza il prezzo sale, creando inflazione.

Keynes suggerisce che il fenomeno dell'inflazione avvenga a prescindere dalla quantità di moneta inserita nel sistema dalle banche centrali, perché, a suo avviso, non è la quantità di moneta a generare inflazione, ma piuttosto la velocità con cui la moneta circola. Ed è proprio una maggiore domanda a velocizzare lo scambio, perché più individui sono disposti a comprare beni e servizi. 

La teoria Keynesiana fornì le basi per costruire un modello che contribuisse a spiegare il fenomeno. Dopo le sue analisi e i suoi studi, altri economisti rianalizzarono le teorie, cercando criticità e inserendo altre variabili.


2. La teoria monetarista

La scuola monetarista suggerisce che l'inflazione è causata da un aumento della quantità di moneta in eccesso all'aumento della produzione di merci. Gli economisti che sostengono questa teoria evidenziano che una maggiore quantità di moneta inserita nel sistema finirà nelle mani degli individui, che la spenderanno per acquistare maggiori beni e servizi, aumentando quindi la domanda di questi ultimi (i consumi), e conseguentemente aumentandone i prezzi.

Ricordando la legge della domanda e dell'offerta di Keynes, ciò ha senso. 

Tuttavia, la teoria monetarista, cui fondamento è dovuto principalmente al lavoro del premio Nobel Milton Friedman, identifica l'eccessivo aumento di quantità di moneta rispetto alla domanda come l'unica causa dell'inflazione. L'autore descrive l'inflazione come un fenomeno esclusivamente monetario e che le banche centrali quindi possono modificare a loro piacimento stampando più o meno moneta. 

In questo, Friedman aggiunge un fattore nell'equazione e si distanzia da Keyens, che invece sosteneva che la moneta fosse un elemento irrilevante per identificare le cause dell'inflazione.
Per i monetaristi, l'aumento di domanda dei consumi rispetto all'offerta da sola non basta a spiegare l'aumento dei prezzi. 

L'influenza di questa teoria accelerò quando le teorie Keynesiane non riuscirono a spiegare il fenomeno della crescita della disoccupazione e al contempo dell'inflazione degli anni 1972-73, a seguito della crisi petrolifera. Questo perché Keynes supponeva che l'aumento della disoccupazione fosse causato da un eccesso di offerta rispetto alla domanda aggregata. Per farla semplice, molti beni e servizi invenduti rispetto alla richiesta di consumo globale. Ciò, secondo Keynes, avrebbe creato deflazione, cioè una riduzione dei prezzi dati dal minor consumo di beni e servizi appunto, e una situazione di recessione. Tuttavia, in quegli anni, disoccupazione e inflazione andarono di pari passo, aumentando parallelamente. 

Questo creò distanza dalle teorie Keynesiane e gli Stati occidentali iniziarono ad avere un approccio monetarista, cioè iniziarono a regolamentare le politiche monetarie delle banche centrali, tenendo il livello di emissione di moneta contenuto, così da effettivamente ridurre l'effetto dell'inflazione.

Attualmente, la BCE attua una politica monetarista tradizionale, cercando di contenere l'inflazione all'1,5% attraverso dei parametri stabiliti dal Trattato di Maastricht. 

La FED invece attua politiche monetariste meno rigide e con un maggiore spazio di manovra per poter intervenire in situazione di instabilità economica. 

La due banche centrali operano diversamente per via della differenza del modello politico. Il federalismo statunitense consente agli USA di avere ampio margine di manovra, essendo la politica fiscale unificata per gli ogni Stato. In Europa invece, è necessario mantenere un sistema di regole più rigide, poiché la BCE non riuscirebbe ad intervenire per ogni singolo Stato Membro. Di conseguenza, ogni Paese dell'UE deve essere conforme alle regole e lo spettro di manovra della banca centrale risulta più limitato. 


3. Inflazione da costi

La teoria dell'inflazione da costi descrive un caso di spirale inflazionistica dovuto dall'aumento dei costi di produzione delle imprese, come ad esempio salari e materie prime. Questo aumento dei costi si riversa sui prezzi dei prodotti finali delle imprese, che, creando inflazione, a loro volta vanno ad aumentare il valore dei salari, creando una circolo vizioso di prezzi in continuo aumento. 

Ciò accadde negli anni '60, quando le imprese concessero un sostanzioso aumento salariale, e negli anni '70, quando la crisi petrolifera aumentò il costo delle materie prime (soprattutto del petrolio).

Secondo l'economista A. W. Phillips, l'inflazione da costi salariali è dovuta al mercato del lavoro. A suo avviso, quando nel sistema è presente un alto numero di disoccupati, i salari crescono lentamente, mentre quando la disoccupazione è molto bassa, i salari sono più elevati. 

Questo ha senso perché in un'economia dove si è vicini alla piena occupazione c'è scarsità di forza lavoro. In questa situazione, i datori di lavoro sono disposti a pagare stipendi più alti ai dipendenti per poter scegliere il lavoratore più qualificato. Anche in questo caso, si attua la teoria della domanda ed offerta. 

Tuttavia, recentemente la teoria è stata confutata, in quanto abbiamo vissuto anni di aumento salariale nonostante la disoccupazione elevata. Questo sembra essere causato dal potere oligopolistico che le imprese hanno nella decisione dei prezzi finali dei prodotti. Infatti, le imprese, su pressione dei sindacati, aumentano gli stipendi dei dipendenti per attenuare i conflitti, scaricando poi il costo sui prezzi finali. 


Le tre teorie forniscono uno spaccato di quelle che possono essere le cause dell'inflazione e ne analizzano i concetti chiave. A livello macroeconomico, questa è una semplificazione. Ci sono molti elementi che costituiscono potenziali cause o effetti dovuti all'alzamento dei prezzi. Inoltre, molte cause sono anche effetti e viceversa, spesso è difficile tracciare una linea di confine e un elemento è direttamente correlato all'altro.

Con la globalizzazione, la velocità di pagamenti e la facilità con cui si riesce ad operare nei mercati, le teorie della macroeconomia, seppur si applicano in linea generale, dovranno esser aggiornate per essere più aderenti al nuovo contesto. 

Attualmente, tutte le banche centrali dei paesi sviluppati hanno come obiettivo il controllo dell'inflazione per evitare una volatilità troppo elevata dei prezzi. Questo obiettivo di inflazione programmata consente di dare stabilità e di essere trasparenti nei confronti dei mercati. L'"inflation targeting" è un impegno che le banche centrali si prendono per raggiungere obiettivi di inflazione tramite gli strumenti di politica monetaria con cui possono operare, quali interventi sui tassi di interesse e sulla emissione di massa monetaria.

L'accesso di questa informazione consente agli operatori di investire in linea con gli obiettivi della banca centrale, che creano sicurezza e stabilità in base a quanto riescono a comportarsi coerentemente con le politiche designate. 

Invece, pensando ai nostri investimenti, sappiamo che l'inflazione ha un effetto molto negativo per i nostri risparmi e bisogna combatterlo per non vedere i proprio soldi perdere di valore nel tempo. 

Se vuoi sapere come, inizia ad informarti sul serio. Sono i tuoi soldi, con cui realizzi sogni e crei un futuro per te e i tuoi cari. 

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Non sottovalutare l'inflazione e proteggi i tuoi soldi dal suo effetto composto. 

Davvero, segui questo consiglio, mi ringrazierai dopo.

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Luigi Matarazzo
Luigi è un imprenditore italiano e investment banker con esperienza pluriennale nei mercati finanziari e in operazioni di investimento del settore finanziario della City, a Londra. Ha un track record per aver battuto il rendimento di mercato negli anni seguendo le orme del "Value Investing", filosofia e materia insegnata da Benjamin Graham e adottata dall'illustre Warren Buffet da più di 70 anni. 
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